La Filiera Cerealicola

Il grano duro gioca un ruolo di notevole rilevanza nel comparto agroalimentare italiano. Con circa 4 milioni di tonnellate annue, infatti, l’Italia è il primo produttore in Europa, con un apporto pari al 50% della produzione totale dell’Unione Europea, e il secondo del mondo. Nelle regioni meridionali si realizza circa il 70% della produzione nazionale, ed in particolare la Sicilia e la Puglia contribuiscono con poco meno del 42% all’intera produzione nazionale.

La Sicilia (tradizionalmente antico “granaio di Roma”) ha sempre mostrato un legame peculiare con il frumento duro. Le superfici investite si aggirano sui 290 mila ettari, rappresentando circa un quinto delle superfici nazionali. Le produzioni degli ultimi anni sono dell'ordine di 8 milioni di quintali e rappresentano circa il 20% della produzione italiana. L'evidente importanza economica di tale settore per la Sicilia è anche in gran parte giustificata dalla scarsità di alternative nell'uso delle superfici agrarie, soprattutto delle aree interne non irrigue. La Sicilia si caratterizza per la sua particolare vocazione alla produzione di grano duro e la coltura riveste una rilevante importanza sociale, culturale e ambientale; essa risulta insostituibile per l’economia agricola delle aree interne e fornisce la  materia prima che è alla base di numerose produzioni tipiche.

Per quanto riguarda la destinazione del prodotto, com’è noto, la gran parte del frumento duro è destinato alla produzione di pasta, di cui l’Italia è il primo produttore al mondo e grande esportatore. D’altra parte, l’uso del grano duro in panificazione rappresenta una tradizione molto diffusa nelle regioni dell’Italia meridionale così come in diverse aree del Mediterraneo.

L’utilizzazione del frumento duro in panificazione risale al V secolo a. C., quando al farro, primo cereale impiegato per la produzione di pane, venne sostituito il grano duro. Numerosi studi hanno evidenziato che il pane prodotto con grano duro è preferito al pane di grano tenero, oltre che per tradizioni culturali, anche grazie alla sua maggiore serbevolezza (il pane di grano duro rimane fresco più a lungo) e alle sue proprietà nutrizionali e organolettiche: è opinione comune che i profumi e la fragranza di un buon pane di semola sono incomparabili.

Nonostante alcuni indiscutibili punti di forza - quali successo della dieta mediterranea e del “made in Italy”, la naturale vocazione alla coltivazione del grano duro degli ambienti pedoclimatici siciliani, le qualità igienico-sanitarie delle produzioni - il comparto presenta diversi punti di debolezza; basti pensare alla polverizzazione aziendale e alla conseguente frammentazione dell’offerta, alla gestione inadeguata dello stoccaggio, alla scarsa integrazione della filiera, alla scarsa propensione verso l’innovazione varietale e tecnico-colturale, alla variabilità quali-quantitativa delle produzioni.

 

Nel settore della trasformazione, il comparto molitorio ha subito negli ultimi anni un grosso ridimensionamento, in quanto si è ridotto il numero dei molini ed è aumentata la capacità produttiva di quelli rimasti. Tuttavia, permangono ancora mulini di piccole dimensioni che producono semola rimacinata per i panifici locali.

Di fatto oggi gli operatori del settore sono chiamati a confrontarsi con difficoltà crescenti connesse con la scarsa redditività della coltura mentre, contemporaneamente, si assiste al verificarsi di crescenti importazioni da paesi terzi, non di rado con caratteristiche qualitative e igienico sanitarie modeste. La situazione attuale del comparto richiede un cambiamento nell’approccio alla coltivazione del grano duro e di tutta la catena produttiva, con maggiore attenzione alla redditività della coltura sia in termini di produttività sia rispetto alla qualità delle produzioni. A tal riguardo, non si può non tener conto della nuova normativa cogente sulla sicurezza alimentare, che dà seguito alle disposizioni già previste dal regolamento CE 178/02, coinvolgendo anche la produzione primaria.

Occorre quindi consolidare e difendere la filiera del grano duro, e soprattutto gli interessi degli operatori, mediante un sistema organizzato, capace di rispondere adeguatamente ai nuovi scenari delineati, in cui le componenti dell’intera catena produttiva operino sinergicamente per la crescita del comparto.